Il vento impetuoso di scirocco aveva smesso di soffiare e il mare si era calmato, attorno l’isola e i faraglioni i gabbiani svolazzavano alti nel cielo limpido e azzurro. Il sole si era appena alzato sull’orizzonte e già faceva caldo, l’afa e l’umidità incominciavano a dare fastidio. U zu Saru, vecchio pescatore ormai in pensione, se ne stava seduto sulla solita panchina a guardare il mare con accanto la foto, sbiadita dal tempo, di quella giovane donna che un tempo aveva amato e che comunque, nonostante tutto, era sempre nella sua mente e nel suo cuore ma mentre si passava il fazzoletto sulla fronte per asciugarsi il sudore venne distratto da un giovane intento a cogghiri pateddi. “Bellu piattu di pasta chi pateddi, mu manciassi.” Disse come se stesse parlando con qualcuno a suo fianco. E subito cominciò a immaginare la ricetta: i pateddi frischi, i pomodorini pachino chiddi duci, l’ogghiu bonu, l’agghiu, u puddisinu, u peperoncino e tanticchia di vinu iancu. “Zu Saru!” Gridò il giovane mentre cercava di asciugarsi i piedi e si abbassava la parte finale dei pantaloni fino a coprire le caviglie. “Mi stati canuscennu? Sugnu Arazziu u figghiu di Turi, pigghiativi sti pateddi, vi faciti ca pasta e vi manciati a mo saluti!” Esclamò il giovane. Si guardò attorno con circospezione e poi ricambiò il saluto ma senza tanto entusiasmo, poi dopo una breve pausa, come se stesse prendendo fiato, disse: “Grazie, iu quannu aveva a to età mi faceva no scogghiu d’u zu’ Janu e poi mi o vinneva a Catania. Mu ricordu comu si fussi ora. Pigghiava i rizzi, i pateddi e i puppi i metteva no casciolu e poi ca bicicletta patteva pi Catania. Ma tannu erunu autri tempi u mari era riccu ora non c’è chiù nenti!” Esclamò. Il giovane fece per sedersi accanto ma fu distratto dalla foto ben incorniciata e poggiata sul sedile. U zu Saru lo guardò e disse: “chista è Maria.” Poi la sua mente incominciò a vagare nei ricordi e iniziò a raccontare la sua storia, la sua vita, il suo amore per quella donna. Aveva vissuto una vita semplice, nel rispetto dei valori e del lavoro. Terzo di cinque fratelli, non si era mai sposato ma aveva voluto bene ad un’unica donna che il destino beffardo le aveva negato. Il suo unico e grande amore, l’amore della sua vita. Una giovane e bella ragazza che le aveva giurato amore eterno ma credendolo morto in guerra si rassegnò a sposarsi, contro il suo volere, con un giovane ricco e benestante che però lei non amava. Quando scoprì invece che lui era vivo, per il grande dolore si ammalò e dopo un anno di agonia morì e allora lui nel rispetto per quella donna e per quel grande amore non volle sposarsi con nessuna, non volle avere nessuno al suo fianco fino alla fine. Gli occhi del ragazzo diventarono delle fessure lo ascoltava con attenzione, sembrava incantato da quella storia. Ogni tanto u zu Saru si fermava, guardava il mare, lo osservava come se volesse invitarlo a ricordare di più per poi continuare, “u tempu è a sciroccu e u suli si fa sentiri, fa cauru, ora ma ritiru, grazie di pateddi e salutimi a to patri mi raccumannu.” Disse mentre faceva per alzarsi ed andare.
Testo e foto Giovanni Greco