Si sa che Catania è sempre stata una fucina di artisti e feconda di talenti baciati da un particolare estro creativo. Dal movimento “indie” catanese degli anni ’90 muove i suoi primi passi Carmelo Sciuto, musicista e compositore, collaborando con diverse band dell’epoca, come Pyrosis, Fester, gli M. Con i Jerica’s pubblica due album per Indigena Records. Nel 2001 fonda i “Tellaro”, prodotti da una etichetta amburghese. Nel 2006 il loro album “Setback on the right track” viene premiato al M.E.I. di Faenza dal noto mensile “Mucchio Selvaggio” come miglior album d’esordio italiano della stagione discografica 2005/2006. Dal 2007 si dedica alla composizione di colonne sonore, dal 2009 collabora con la RAI per la produzione di musiche per programmi e realizza musiche per spot pubblicitari a livello nazionale.
Le differenti esperienze influenzano lo stile di Carmelo Sciuto, arricchendolo di competenze diverse, permettendogli di muoversi agevolmente dalle sonorità classiche a quelle popolari, passando dall’Indie rock e la musica elettronica.
Lo incontriamo per approfondire con lui alcuni aspetti della sua produzione artistica e conoscere meglio la sua storia e i suoi progetti.
– Ciao Carmelo, hai vissuto in prima persona il movimento musicale della tua città negli anni Novanta. Quando parliamo della Catania musicale a volte si ha l’impressione di esagerare o di parlare per stereotipi… Il ricordo di quel fermento artistico era davvero così esplosivo o è diventato un racconto, un’esagerazione? Se puoi raccontaci cosa ricordi e cosa ti hanno lasciato quegli anni, sia musicalmente, sia a livello personale.
Mi ricordo l’entusiasmo di quegli anni, la voglia di riscatto sociale in una città che fino a qualche anno prima offriva poco o niente. È stato un momento di rinascita, da tanti punti di vista.La città che reagiva e si organizzava per esprimere la propria creatività. Musicalmente c’era grande fermento e tante band, si suonava un po’ ovunque, nascevano nuovi locali,le amministrazioni lasciavano spazio a varieiniziative,si era creato un vero movimento che coinvolgeva tutti, direttamente o indirettamente.Non è esageratodefinirli anni esaltanti, perché di questo si è trattato. Semmai l’unica esagerazionestava nella definizione giornalistica di Catania come la“Seattle italiana”, che qualcuno tirò fuori anche un po’ per convenienza. Il resto è storia. Se paragonato poial declino culturale e sociale in cui è piombata oggi Catania, fa molta rabbia. Non è il racconto nostalgico di chi, come me, ha vissuto quel periodo storico, ma l’amara consapevolezza che poco o nulla è rimasto di tutto ciò. Ma è stato bello viverlo e mi ritengo fortunato per questo.
– Un artista siciliano se ha talento e determinazione può essere apprezzato al di là dello “Stretto di Messina”? Approfondiamo questo aspetto e le difficoltà che hai dovuto affrontare nel corso della tua carriera musicale.
Magari ho un talento nella determinazione! Non lo so… Ognuno ha la propria storia e fa le proprie scelte. Conosco persone di talento che hanno messo da parte la musica perché il lavoro, la famiglia, gli impegni a un certo punto hanno preso il sopravvento. In altri casi perché non erano forse cosìmotivati, o convinti di voler fare un certo tipo di percorso.Percorso difficile, soprattutto in Italia, dove il musicista come professione spesso non è contemplato. Nel mio caso è il risultato di un lavoro minuzioso, costruito per anni, curandorapporti umani e musica in egual misura. Tanti viaggi, incontri, belle persone, attese, risposte, silenzi.Fondamentale è stato il supporto della mia famiglia e degli amici più cari. Ma c’è ancora molto da fare e obiettivi da raggiungere.
– Ricordo che quando eravamo ragazzi, il traguardo di un musicista era “incidere il disco”, cercare una produzione importante per promuoverlo, venderlo e sfondare. Con l’avvento del web, la trasformazione delle note in files, dei social e delle diverse piattaforme in cui è possibile scaricare gratuitamente la musica, è cambiato l’approccio alla vendita e alla promozione. Come hai affrontato il cambiamento rivoluzionario avvenuto negli ultimi vent’anni per continuare ad emergere attraverso la tua produzione musicale?
In realtà le ambizioni delle mie band, Jerica’s e Tellaro in particolare, erano più contenute: certamente l’intento era quello di fare dischi e suonare in giro il più possibile nei circuiti di musica indipendente.Più che altro volevamo continuare a fare la nostra musica liberamente e senza condizionamenti esterni. Se avessimo avuto altri obiettivi la nostra musica sarebbe stata diversa, penso.E immagino pureche ci saremmo trovati a disagio in certi meccanismi del mainstream. In questo senso lavorareoggi dietro le quinte senza dover necessariamente appariresi sposa bene col mio lato introverso. Faccio le mie musiche e le propongo, qualcosa viene utilizzata e qualche altra no. Va bene così. Allo stesso modo non mi sento portato per ilmondo social, sono presente giusto il minimo indispensabile, non sarei neppure capace di sfruttare le potenzialità della rete. Le nuove generazioni sono bravissime in questo, studiano le strategie migliori, conoscono gli strumenti e fanno risultati.Il rischio è che molto spesso ci si concentri più sul marketing e meno sulla qualità della proposta. Questa voglia frenetica di esserci continuamente ha abbassato parecchioil livello. Non a caso coincide con l’avvento di social network e piattaforme varie. La sensazione è che da quel momento in poi la musica non sia andata più da nessuna parte.
– Sono curioso di sapere a cosa stai lavorando attualmente e se ci puoi anticipare qualcosa sui tuoi progetti futuri.
Ci sono alcune cose in ballo, ma è prematuro parlarne ora.Lavoro sempre su nuove musiche per continuare a rinnovare la mia produzione,qualcosa per Rai Com, qualcosa per altre destinazioni, con una attenzione particolare al Cinema, mio obiettivo da sempre. Per il resto pubblicherò a breve un EP con una selezione di sei pezzi strumentali acusticirealizzati come colonne sonore per contesti diversi. Con Tellaro abbiamo pubblicato l’ultimo album ad ottobre 2020…come diceva Califano, non escludo il ritorno.
– In un mondo improntato sull’ego e l’individualismo, credi ancora nell’aiuto, il supporto e la collaborazione fra artisti?
Sono favorevole alle collaborazioni, quando se ne presenta l’opportunità mi piace invitare amici fidati a dare il loro contributo. Diventa un lavoro di squadra, come succede in una band. Più complicato invece tenere in piedi progetti che coinvolgonomolti artisti, come quelle iniziativecollettive che magari nascono con tutte le buone intenzioni, ma che poi finiscono per sgonfiarsinel giro di poco tempo.
Grazie Carmelo, assieme alla redazione di #Avantituttasicilia ti auguro un futuro ricco di successi ed opportunità!
Ad maiora semper
Davide Gianmaria Aricò
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