Antonino Triolo nasce nel 1966 a Salemi (TP). Fino al compimento dei suoi studi in Scienze Agrarie vive nella Sicilia occidentale tra Castelvetrano, Marsala e Palermo. In questo ambiente ricco di storia e cultura, a 27 anni, inizia da autodidatta il suo percorso artistico. Nel 1996 si trasferisce a Catania dove tuttora vive ed opera.
Antonino Triolo racconta il suo primo approccio all’arte
In maniera insolita, il mio percorso artistico ha una ben precisa data di inizio: era il 21 ottobre 1993, avevo 26 anni e non mi ero mai occupato di arte, se non come fruitore. Sono un agronomo e ho iniziato a lavorare molto presto; lavoravo per un’azienda vitivinicola e dopo un anno ho deciso di interrompere, ritrovandomi così ad aspettare risposte di lavoro, in una situazione in cui avevo poco da fare. Così, per gioco, ho iniziato a fare una scultura: volevo fare solo una copia di una maschera africana. In quest’occasione mi sono reso conto che, oltre a esserne capace, scolpire il legno era una cosa meravigliosa. Ho deciso quindi di completarla a tutto tondo, realizzando una figura di mia invenzione: è nata così la mia prima opera, una testa maschile. Ho eseguito poi una raffigurazione femminile della stessa opera e una testa di cavallo. Più avanti, mi confrontai con una scultrice di nome Lia Vassalli la quale, vedendo le mie opere, mi fece notare che lavoravo un materiale così puro – il legno – da potermi offrire degli spunti naturali. Inizialmente questo suggerimento non mi colpì; poi iniziò ad entrare nella mia mente, tanto che mi misi a creare dei corpi.
Il trasferimento a Catania e il legno di mare
La vita lavorativa mi portò poi in Sardegna; in quel periodo rallentai la produzione artistica, nonostante continuassi ad andare alla ricerca di materiali. Tornai in Sicilia, e precisamente a Catania, nel ’96; casualmente, avendo affittato una casa vicino al mare, la mia ricerca di legno si spostò dalla campagna alla scogliera. Questa fu un’opportunità: trovai infatti un materiale ancora più affascinante per me: il legno di mare. Il ritrovamento del legno diventa l’origine della mia ricerca artistica: il legno è come un relitto quasi archeologico. Le mie opere sono ispirate ai greci e legate al mito; mi piace pensare di “entrare e uscire dalla storia”. Quello che provo nel realizzare le opere spesso suscita un aspetto emozionale che condivido con gli acquirenti.
Sperimentazioni: dalla pietra pomice alla poesia
Sempre per gioco, nel tempo, ho sperimentato altri materiali tra cui la pietra, in particolare il tufo – che in realtà è una calcarenite. Ho trovato un materiale – una tipologia di pomice artificiale – da cui ricavo delle candide – per via del loro colore bianco immacolato – figure quasi tutte identiche. Si tratta di ominidi rannicchiati in posizione fetale, che ho replicato in tante figure. La prima opera che ho venduto a Catania è stata proprio un’opera in pietra pomice scolpita. Ho avuto anche esperienze con la fusione in bronzo; ho portato le mie sculture in legno e chi si occupa di fonderia ha realizzato lo stampo. In realtà non mi sono sentito molto artefice, quindi l’esperienza non mi ha entusiasmato. Un’altra breve parentesi è costituita da un’esperienza molto importante ma che al momento non sto portando avanti: presentare opere associate a poesie scritte da me. Se esporre un’opera è frutto della fantasia e dei sentimenti propri, questo può creare un senso di pudore. Nelle mie opere, dato anche il ricorrente soggetto della nudità, ho dovuto mettere da parte un po’ di quel pudore. Nella poesia, invece, mi sono sentito ancor più nudo, perché è ancora più spietata, più trasparente e riconoscibile come la propria interiorità.
Pensieri sull’arte di Antonino Triolo
La tecnica che ho adoperato nella scultura nasce dal mio intuito. Mi sono rifiutato di mettere in atto una tecnica già collaudata, perché il mio approccio all’arte nasce dalla necessità di trascorrere del tempo liberando la mente. Pertanto, l’ho fatto attraverso il modo che mi veniva più facile e congeniale: probabilmente questo talento esisteva già dentro di me. Non ho la presunzione di dialogare con il mondo intero, mi definirei più un artista indipendente, che oltre che occuparsi di arte ne cura anche la promozione. Quando ho avuto modo di conoscere i collezionisti delle mie opere, ho ricevuto delle conferme sul loro apprezzamento nei miei confronti. Una volta, una mia ammiratrice che aveva partecipato ad una mia mostra, mi disse – in seguito al fallimento della trattativa di vendita dell’opera principale: “Sono contenta che quest’opera non sia stata venduta, perché non può essere di una persona sola ma di tutti, dovrebbe comprarla un museo”.
Progetti passati e futuri di Antonino Triolo
Ho collaborato con il Presidente dell’Associazione Arte al Centro, di cui ero vicepresidente: le mie opere venivano presentate in abbinamento alle sue. Si tratta di un abbinamento molto particolare ed evocativo, dato che lui realizzava dei quadri a tema marino. A proposito del concetto di “rendere l’arte libera per tutti”, in passato mi sono autogestito dirigendo uno spazio espositivo a Catania presso il Teatro Machiavelli in Piazza Università, dove abbiamo realizzato diverse mostre tra cui molte mie personali. Per due anni ho tenuto uno spazio espositivo con altri artisti in Piazza Manganelli; il progetto è nato come l’affitto di una bottega e si è evoluto in una galleria per artisti. Dopo due anni ci, dato che eravamo tutti artisti non professionisti, siamo stati ostacolati dalle spese e dal tempo impiegato. Siccome non volevo far coincidere una chiusura con una sconfitta, l’ho tradotta in una scommessa vera e propria. In seguito alla mia separazione, nella casa dove attualmente abito è nato AmekasA Akkatania, che si può definire una somma di tutte le mie passioni, svolte dentro un luogo domestico. Si tratta di una home gallery; dovevo arredare casa e ho sistemato il living e angolo cottura con un grande bancone tecnico, da cui dispenso il mio sapere in tema di vini e food – sono, infatti, un esperto sommelier e assaggiatore di olio. Ho trovato un modo per accogliere le persone a vedere le mie opere a casa mia. Dato l’arredamento modulare, non in tempi di emergenza sanitaria, ben dodici persone alla volta possono trovare comodamente posto di fronte al bancone da cui io presento i miei menù e racconto il mio modo di vedere la cucina catanese. Ho anche inventato dei piatti che rappresentano i luoghi più caratteristici di Catania. Non è un’attività commerciale, né un ristorante con un menù: io fornisco gli ingredienti, data l’esistenza di tantissime allergie e intolleranze, e chi si prenota per primo viene. La presentazione delle mie opere quindi è diventata parte del mio essere: penso che debba essere leggera, conviviale e spaziare in cultura generale. Non deve essere una lezione, anche se deve avere una base tecnica.
Antonino Triolo: emozioni dal legno all’anima
Come diceva mia madre, in cucina è fondamentale pensare alla persona per cui stai cucinando, concentrando tutto il tuo sforzo per regalare un piacere. Nell’arte, secondo me, c’è un po’ questo principio. Quando realizzo qualcosa, un pensiero mi porta a chi le guarderà e cercherà di comprenderle. Non voglio provcare chi guarda le mie opere, ma anzi stimolare un sentimento, un’emozione, a tratti pietas, come quella che possono evocare le figure che scolpisco, cercando quasi conforto in chi le osserva. Gioco con il tempo e la natura; sono un po’ uno che deve inventare una realtà che non c’è più, pur essendo molto rispettoso di chi guarda.