Anno 2020: potrebbe sembra “normale” immaginare di vivere in una società digitale pienamente inclusiva caratterizzata da servizi tecnologici efficienti e fruibili da tutti.
In realtà, nella PA il raggiungimento di un livello minimo di innovazione resta ancora un lontano miraggio da conseguire, come dimostra il clamoroso flop del click day che avrebbe dovuto consentire alle imprese danneggiate dalla situazione della pandemia di beneficiare di un bonus – nella maggior parte dei casi – indispensabile per dare “ossigeno” agli operatori del settore in un momento di crisi in cui qualsiasi tipo di ritardo e inerzia aggravano una situazione economica già particolarmente precaria e compromessa.
Un vero e proprio “epic fail” provocato dal blackout del sito che è andato in tilt per l’impossibilità di reggere il traffico a fronte di una prevedibile quantità – relativamente – elevata di domande inoltrate per ricevere il contributo da erogare.
Nonostante la Regione Siciliana abbia immediatamente addebitato la relativa responsabilità al proprio fornitore esterno che avrebbe dovuto garantire il funzionamento della piattaforma, resta centrale, come principale criticità generale, la mancanza di una strategia politica di lungo termine in grado di formalizzare una visione al passo con i tempi, fondata sulla prioritaria valorizzazione delle tecnologie in grado di fornire soluzioni efficienti già testate prima del verificarsi di situazioni straordinarie di necessità e urgenza, evitando di “tappare i buchi” ai problemi che si presentano di volta in volta, senza quindi sfruttare in pieno il potenziale del digitale.
Non bastano più gli sforzi o le buone intenzioni, ma servono azioni concrete e interpreti adeguati per progettare un generale piano operativo di innovazione nell’ambito di una cabina di regia aperta e inclusiva alla collaborazione sinergica di tutti gli attori interessati a partecipare all’elaborazione di politiche efficaci.
Non è più rinviabile l’esigenza di superare lo stallo digitale che da anni paralizza le concrete prospettive di crescita del nostro territorio, di fronte ad una situazione di generale arretratezza digitale, che condanna intere generazioni a sopportare il “costo sociale” di ritardi e inefficienze nell’ambito di un costante rimpallo di responsabilità che causa problemi quotidiani reali alla vita delle persone.
Tale scenario è ulteriormente aggravato dal drammatico stato di “analfabetismo digitale” che certifica un livello di cultura digitale di base troppo basso (secondo quanto indicato dal Report DESI pubblicato dalla Commissione europea), senza che la politica affronti, come priorità strategica dell’agenda istituzionale, il tema delle competenze digitali, a maggior ragione in un momento in cui l’emergenza COVID-19 ha imposto un processo accelerato di digitalizzazione generalizzata dei servizi pubblici e delle attività economiche, con il rischio di generare una pericolosa forma di esclusione sociale in grado di provocare diffuse discriminazioni nell’esercizio di diritti fondamentali tra cittadini di “serie A” (digitalmente inclusi) e cittadini di “serie B” (digitalmente esclusi).
Come è possibile incentivare l’uso di servizi digitali alla luce degli irrisolti problemi infrastrutturali aggravati dalla mancanza di competenze minime necessarie per sfruttare i vantaggi offerti dalle tecnologie?
Che futuro avranno i giovani privati della possibilità di acquisire competenze specialistiche digitali per reinventare in modo tecnologico creativo nuove opportunità lavorative?
Ecco perché occorre una visione progettuale a lungo termine in grado di pianificare strategie digitali oltre il breve termine dell’emergenza, della necessità e della contingenza del momento.