Lentini: città che profuma di pane e fiori di zagara, aromi antichissimi le cui storie si tramandano da millenni,intrecciandosi dolcemente tra cultura e mito. È proprio dalla mitologia classica che deriva, appunto, il forte legame tra Lentini e il grano, quel grano dei fecondi campi leontini(oggi piana di Catania) che attrassero i coloni calcidesi che, tra il 729 e il 728 a.C. fondarono Leontinoi.
La colonizzazione greca della Sicilia ha fatto sì che, insieme a uomini e donne, approdassero sulle sponde della nostra isola divinità elleniche che hanno costituito per secoli il substrato sociale, religioso e politico dell’intera comunità locale.
Una presenza preponderante è data dalle divinità femminili, a cominciare dalla dea per eccellenza: Demetra, la dea Madre!
Demetra, dea delle messi e sorella del divino Zeus, colei che donò il grano all’uomo affinchè lo coltivasse e lo trasformasse in pane, fu una delle divinità greche più venerate della Sicilia e in modo particolare a Lentini, poiché a lei si lega la fertilità dei suoi campi. Il culto di Demetra cammina di pari passo con quello della figlia Persefone, detta anche Kore, cioè “fanciulla”, strettamente legato al ciclo delle stagioni e alla vita agricola. Secondo quanto ci tramanda Diodoro Siculo«Le Dee apparvero per la prima volta in quest’isola e la Sicilia per prima produsse il frutto del grano grazie alla fertilità della sua terra».
In foto: Statuette fittili di Demetra, Kore e altre divinità femminili rinvenute in una stipe votiva di VI sec. a.C., presso il monte Metapiccola, oggi esposte al Museo archeologico di Lentini.
Il mito vuole chePersefone, figlia di Zeus e Demetra, fu rapita da Ade, il dio degli inferi, che si invaghì di lei e la trascinò giù negli abissi. Il luogo del cosiddetto “ratto” varia a seconda delle tradizioni locali, da Eleusi, a Cnosso, a Enna e perfino a Lentini.
Secondo la tradizione lentinese, Persefone, poco prima del rapimento, passeggiava tra i campi leontinoi, in prossimità del lago Biviere, raccogliendo mazzolini di fiori selvatici; Ade, non appena la vide decise di rapirla per sposarla, col benestare di Zeus, e la trascinò giù negli abissi del lago, fin giùnegli inferi, mentre Persefoneterrorizzataurlava invocando l’aiuto della madre!
Demetra, furiosa per il rapimento della figlia, in preda alla disperazione fece piombare l’isola in un fitto e rigido inverno che distrusse tutte le coltivazioni e impedì la crescita di qualsiasi tipo di pianta; disposta persino a far morire di fame ogni essere vivente, se Ade non gli avesse restituito indietro la figlia. A quel punto, Zeus, timoroso dell’ira vendicativa di Demetra, chiese ad Ade di restituire Persefone alla madre. Ade acconsentì, ma architettò l’inganno: offrì alla sua novella sposa dellaappetitosa frutta e lei, innocentemente sgranò un melograno, mangiandone solo alcuni chicchi. Non sapeva, però che chi avesse mangiato i frutti dell’oltretomba sarebbe stato costretto a rimanere negli inferi per l’eternità. Tuttavia, non avendo mangiato il frutto per intero, a Persefone fu consentito di tornare nel regno dei vivi per metà di un anno, mentre l’altra metà avrebbe dovuto trascorrerla nel regno dei morti col marito.
Quando Persefone tornò dalla madre, rifiorì tutta la terra, l’invernò sparì e tutto tornò fertile e produttivo; ma trascorso il periodo concordato e la triste sposa doveva nuovamente recarsi da Ade, ecco che gli alberi cominciavano a spogliarsi e il seme del grano moriva sottoterra, in attesa di tornare in vita al ritorno della bella e dolce Persefone.
È facile e chiaro cogliere lo stretto legame tra le due dee e il ciclo delle stagioni. Era, appunto, la presenza di madre e figlia ricongiunte che donava prosperità e fecondità alle terre dei tanto amati campi leontini, importantissimi per la coltivazione di varietà antichissime di grano, orzo e altri cereali.
Che non fosse cosa di secondaria importanza ce lo dimostra anche la coniazione della moneta di Leontinoi. Famosissimo è il tetradramma di V secolo a.C. che raffigura sul dritto la testa di Apollo laureato e sul retro la testa del leone con le fauci spalancate e quattro chicchi d’orzo. La precisa volontà di riportare i chicchi d’orzo sulla moneta è indicativa dell’importanza del commercio dei cereali, su cui si basava l’intera economia locale.
È incredibile come, ancora oggi, la cultura enogastronomica locale, sia rimasta così fortemente legata alla tradizione del grano e del pane, il cibo per eccellenza, protagonista indiscusso delle tavole lentinesi. U pani di Lintini, dal suo profumo e gusto inconfondibile, nella sua semplicità e rispetto della tradizione è diventata oggi il cibo rappresentativo di questa straordinaria città, declinato successivamente nel prelibato Cudduruni.
Perché è così famoso e speciale il pane di Lentini? Sicuramente perché viene ancora preparato secondo l’antica tradizione, che prevede l’utilizzo di 5 semplici ingredienti: farina di grani antichi siciliani, prevalentemente “tumminia”, acqua, un pizzico di sale, semi di sesamo e lievito madre, chiamato “criscenti”. È proprio quest’ultimo ingrediente che rende il pane di Lentini così facilmente digeribile e a lunga conservazione. Importante al pari degli ingredienti è certamente la modalità di cottura, che prevede l’impiego di forni a pietra alimentati esclusivamente con legna d’aranci e bucce di mandorle che conferiscono a questo pane un profumo unico ed inconfondibile! Le forme classiche del pane di Lentini sono “a cuddura” (a forma di ciambella) e “a essi” (a forma di S).
Dalla “cuddura” deriva un appetitoso piatto della tradizione lentinese: U CUDDURUNI! Si tratta di una sorta di calzone, a forma di mezza luna, che viene preparato con lo stesso impasto del pane steso sottilissimo e riempito di verdure. Tradizionalmente era un piatto prevalentemente autunnale ed invernale, per cui veniva farcito con gli “anciti”, cioè bietole selvatiche, o con i broccoli, oppure con le cipolle. Oggi, la sua straordinaria bontà e la costante richiesta dei consumatori, ha fatto del cudduruniun piatto “senza tempo”, sempre disponibile in tutte le stagioni dell’anno e con ripieni sempre più diversificati, in base alla stagionalità.