Fabio Montalto, alterna la carriera di capo squadra dei pompieri alla grande passione per l’arte. Trascorre alcuni anni esplorando differenti forme d’applicazione artistica, giungendo alla fotografia, che gli permette di sperimentare le meraviglie prodotte dai giochi di luci ed ombre, e la possibilità di catturare la natura in costante evoluzione.
L’approccio artistico di Montalto non si limita però alla fotografia classica. Egli sperimenta la materia, combinando immagini fotografiche con elementi tridimensionali, per creare pezzi interattivi che evocano concetti ed emozioni all’occhio di chi li osserva. Questa combinazione di fotografia e arte 3D conferisce alle sue opere una profondità e una dimensione del tutto uniche.
La serie di lavori più recente di Montalto è dedicata al surrealismo erotico, in cui l’autore sfida i tabù attraverso immagini provocatorie, stimolando però nel pubblico riflessioni che riportano a concetti importanti. Il suo intento è esplorare e rappresentare il mondo della sessualità umana con audacia e curiosità e intrigo, trasferendo alle opere la propria sensibilità e raffinatezza, senza scadere mai nella volgarità, riuscendo a infondere suoi lavori una patina di fascino e di mistero. Le sue opere sono state esposte in gallerie prestigiose, e i suoi lavori hanno suscitato grande interesse e dibattito. La sua dedizione e la sua passione, unite al desiderio di sperimentare, fanno di Fabio Montalto un talento nel panorama artistico contemporaneo da tenere certamente d’occhio.
Ciao Fabio, nel tuo periodo d’esordio hai sperimentato diverse tecniche artistiche d’espressione. Vuoi raccontarci come sei arrivato alla fotografia?
Ciao Davide, sono felice per questa intervista!
Durante gli anni giovanili, frequentavo lo studio di un mio amico fotografo a Noto. Oltre a incuriosirmi della sua arte, sfogliavo riviste specializzate, tra cui spiccò uno speciale di Max su Robert Mapplethorpe del 1991, che sicuramente ha lasciato un segno in me. Fu proprio da quel momento che decisi di acquistare la mia prima fotocamera, una Zenit 125 TTL, prodotta nell’URSS, acquistata da ambulanti polacchi che facevano incetta in Sicilia negli anni ’80 e ’90. Erano gli anni d’oro delle fotocamere analogiche a rullino, quindi potrai immaginare la quantità di scatti sprecati, ma nonostante ciò, ho vissuto esperienze indimenticabili. L’unico rammarico che ho è di non aver mai avuto l’opportunità di apprendere il procedimento di sviluppo in camera oscura.
Le opere di composizione grafica ti hanno dato molta visibilità. Sono oramai conosciutissime i tuoi infradito col plantare realizzato con le pale di ficodindia. Come ti approcci alla composizione digitale e cosa ne pensi di chi ricorre sempre di più all’intelligenza artificiale?
Forse qualcuno potrebbe affermare che nell’arte “il meglio deve ancora venire”, ma secondo me, l’Intelligenza Artificiale (IA) è come una strada senza uscita. Personalmente, mi considero un fotografo artistico figlio dell’evoluzione digitale e nel corso degli anni ho sviluppato una notevole abilità nella gestione della post-produzione. Ciò mi ha permesso di conoscere approfonditamente l’equilibrio tra il bianco/nero e la saturazione dei colori, soprattutto durante la fase di stampa, che non è sempre immediata come si potrebbe pensare. Nonostante la post-produzione sia stata oggetto di discriminazione negli ultimi decenni, devo ammettere di averne tratto vantaggio nelle mie produzioni precedenti. Tuttavia, c’è anche chi ne abusa e trasforma le proprie fotografie in opere d’arte digitali. Il mondo dell’arte era ormai pronto ad accettare l’intervento manipolativo sulle immagini, considerandolo, alla fine, uno strumento artistico nelle mani di chiunque potesse farne uso, quando improvvisamente entra in scena l’Intelligenza Artificiale. La IA è davvero una forza notevole, che sforna produzioni strabilianti ed affascinanti, qualcosa mai visto prima. Ma allo stesso tempo, la IA confonde e inganna. Basta pensare a un selfie di Gesù con i suoi discepoli durante l’ultima cena, o alla Monna Lisa che ride accanto a Leonardo e al suo ritratto, oppure a brani musicali inediti interpretati da celebri cantanti non più in vita, o addirittura da cantanti che non sanno nemmeno di aver interpretato tali brani. Insomma, cose davvero stravaganti e divertenti che attraggono e distraggono da un tragico fine. Ricordo quindi, a chi mi leggerà, che l’Intelligenza Artificiale è accessibile solo attraverso piattaforme digitali sul web e non è un software scaricabile o acquistabile da singoli utenti. Questo dovrebbe far riflettere, poiché ogni produzione artistica non sarà mai di esclusiva proprietà vostra. Tutto il materiale che viene prodotto viene archiviato dalla IA e contribuisce a espandere le sue capacità. Secondo me, l’Intelligenza Artificiale non è uno strumento d’arte innovativo, anche se può sembrare tale al momento, attrarre gli utilizzatori e ingannarli. È un’entità con una gestione autonoma che sta crescendo, un fatto che solo pochi conoscono. In futuro, evolverà al punto da diventare completamente indipendente e superare l’uomo nella creatività, nell’intimità e nella cultura.
Le tue ultime opere sono cariche di eros, pur restando in un ambito pop e surreale. Cosa hai voluto trasmette con la realizzazione di questa nuova serie: solo sensualità o c’è un messaggio più articolato e profondo?
La scelta dell’eros è intenzionale poiché solleva imbarazzo in chi la osserva. Il mio intento è scuotere, divertire e provocare. La nuova produzione è strettamente legata concettualmente alla risposta precedente sull’Intelligenza Artificiale (I.A.). Intervenire fisicamente sulle mie foto o opere potrebbe essere un modo per esprimere in modo più potente la mia identità, la mia presenza e la mia libertà, sfidando i tempi sempre più orientati e consenzienti verso le nuove tecnologie.
Le opere con il richiamo ai fichidindia creano un link con la sicilianità. Quale rapporto hai con le tue origini e con la tua terra e quanto influenza le tue opere?
Sono un prodotto della mia terra, la Sicilia, che è parte integrante di me. Mi piace essere siciliano perché assorbo l’aria delle molte culture che si sono radicate in quest’isola. L’abbondanza di arte in Sicilia è sinonima di grande passione e amore, indipendentemente da ciò che si dice riguardo al resto. La mia intera vita è influenzata dalla tradizione siciliana, con il dialetto, i proverbi, la saggezza, il cibo genuino, le fatiche e i lavori. Anche le mie opere sono giovani ulivi di questa terra, che un giorno sperano di migrare a New York (Fabio ride…), come fece mio nonno Vincenzo nel 1927.
Quanto può essere svantaggiosa la “posizione geografica” per un artista che vuole emergere partendo dalla Sicilia, anche se siamo in un’era digitalizzata e connessa?
Essere siciliani è un autentico privilegio e in nessun modo costituisce uno svantaggio. Abbiamo avuto il privilegio di crescere in un contesto ricco di arte, che inevitabilmente ci ha contagiato in modo positivo, sia a livello di principi che di creatività. Emergere, tuttavia, è un’altra questione completamente diversa… non ha nulla a che fare con la globalizzazione, internet o la prigionia collettiva dei social media. Emergere è una pratica antica e ambivalente, strettamente legata al “culo”… lo stesso destino a cui fa riferimento, almeno in parte, D. di D&G:
- “Dare culo” con un duro lavoro e produrre costantemente nuove opere.
- “Avere culo” nel trovare la chiave universale che apre le porte giuste.
Hai ancora intenzione di approfondire la tua ricerca sull’Eros o hai altre idee in cantiere? Progetti futuri?
Il nudo artistico è il mio genere fotografico prediletto, senza dubbio, ma lascerò fluire le ispirazioni e le intuizioni che la mia mente surreale genererà, senza limitare o escludere nulla.
Sono costantemente in fermento artistico interiore, con molte idee da sviluppare per progetti futuri.
Tutto questo è materiale artistico che spero, nei prossimi anni dopo il termine del mio impiego, di mettere in cantiere e sviluppare. Continuerò a produrre arte finché l’Etna non cesserà di eruttare, poiché avrò sempre voglia di farlo.
Grazie Fabio!