Gianni Andolina, scultore netino classe ’73, cresce artisticamente circondato dalle bellezze della sua città natale. Si afferma nell’ultimo decennio grazie alle sue originali creazioni e attraverso personali di successo in tutto il territorio nazionale. Nel 2020 viene meritatamente inserito da Vittorio Sgarbi nella compagine dei 200 artisti più rappresentativi della storia dell’Arte siciliana accanto a personalità del calibro di Pirandello e Guccione.
La sua scultura è talentuosa e tecnica, fecondata di concetti, ispirata e alimentata da una creatività fuori dal comune. Andolina, erede degli scalpellini che fecero grande la città di Noto, non perde l’istinto e l’approccio dei maestri classici, ma rielabora magicamente ciò che la storia gli ha insegnato, producendo un’opera contemporanea originale che cattura la mente e seduce attraverso le emozioni. Disponibile al dialogo e allo scambio intellettuale, ama farsi contaminare, approfondire gli aspetti della psiche che pervadono l’arte e lo si può incontrare, sovente, nelle vesti di maestro mentre trasmettere ai propri discepoli il mestiere antico della lavorazione della pietra.
Ci incontriamo e dialoghiamo d’arte ed io non posso fare a meno di riconoscere in lui quella semplicità d’animo, intrisa di umanità, tipica di chi ha vissuto a contatto con un mondo pregno di valori oramai dimenticati. L’intervista diventa uno scambio, come fra amici di vecchia data:
Ciao Gianni, tu hai iniziato da autodidatta e disegnando. Come hai maturato il desiderio di passare dalla carta alla pietra?
Ciao Davide, questo passaggio da carta a pietra si può raccontare come un’evoluzione naturale. Vivo a Noto, una città dove la pietra è l’elemento predominante dell’architettura e sono cresciuto a contatto diretto con la natura ed in particolare con la terra, che già di per se è materia. L’attrazione e l’interesse verso quegli elementi che riconducevano alla pietra e nel contempo, l’osservazione del mondo, mi hanno trasmesso la voglia e il desiderio di plasmare la materia stessa, spingendomi oltre alla rappresentazione grafica bidimensionale. Da quel momento in poi, praticamente, si è aperto un nuovo universo da esplorare.
La scultura in pietra è una forma d’arte tecnicamente molto peculiare. Michelangelo vedeva già la forma all’interno della pietra, tanto da affermare di dover soltanto togliere il superfluo per tirarla fuori. È così anche per te?
Parzialmente è così anche per me, poiché il lavoro sulla pietra è preceduto da un momento creativo e di sviluppo progettuale realizzato su carta. Dopo questa fase, in cui ho dato forma grafica all’ispirazione, riesco a vedere ciò che semplicemente devo rimuovere dalla pietra ed in effetti, vedo finita l’opera ancor prima di iniziarla.
Ho appreso che nel corso della tua carriera hai collaborato con gli psicoterapeuti. Raccontaci come è nato questo dialogo fra “Arte e Psiche” e anche, dell’importanza che attribuisci all’azione evocativa delle tue creazioni e al messaggio di cui esse si fanno portatrici.
Hai detto bene, la collaborazione è nata incentrandosi sul dialogo fra arte e psiche, perché l’ambito della creazione artistica gira attorno a questo binomio. È arrivato tutto in modo naturale, come un richiamo tra le due energie. In quel periodo ero a stretto contatto con il critico d’arte prof. Michele Romano; ti lascio immaginare quanti interessanti dialoghi e scambi intellettuali fecondi! Presto è arrivata la proposta di realizzare un’opera per il parco “Sigmund Freud” di Siracusa e la scelta è caduta, non a caso, sulla Gradiva di Jensen, opera letteraria, il cui simbolismo è stato studiato a fondo dal padre della psicoanalisi.
Arriviamo così all’azione evocativa, che per me è alla base di ogni singola opera: ognuna di esse appartiene a un mio vissuto interiore che riposa in profondità, ma che una volta emerso in superficie e cristallizzato sulla pietra, desidera dialogare con la fantasia e l’immaginario in chi osserva il risultato finale del mio lavoro.
L’essere siciliano e in particolare netino, è un valore aggiunto per un artista. Quanta Sicilia porti accanto a te quando produci le tue opere d’arte?
Essere siciliano e netino non è un valore aggiunto, ma è il fondamento! La materia che lavoro si estrae nelle cave di Noto, i manici degli scalpelli che utilizzo sono rami di fico selvatico e ulivo siciliano, così come il tema ricorrente delle mie opere, è tratto dal mito e dalla storia siciliana.
Il mondo dell’arte è variegato, spesso competitivo e non di rado legato all’interesse commerciale. Nel consuntivo del tuo vissuto, puoi raccontare solo buone esperienze a contatto coi tuoi colleghi artisti, coi galleristi e curatori d’arte, oppure alcune esperienze negative ti hanno in qualche modo segnato e condizionato?
Non mi hanno segnato, perché ho imparato col tempo a distinguere e separare la mia arte dalle esperienze condivise con gli altri artisti. Di sicuro uno dei primi a sostenere il mio mondo è stato il “visionario” dell’arte netina: l’architetto Vincenzo Medica, che ha voluto credere in me sin dai miei esordi con la scultura. Una menzione particolare e traboccante di gratitudine la devo anche alla famiglia Sarcià: innamorati dell’arte, hanno realizzato per me un laboratorio ricavato da una cava d’estrazione ormai dismessa e acquistando, per il mio lavoro, un tornio con attrezzi annessi, appartenenti al figlio di uno storico scalpellino netino. Da questa fucina sono nate molte fra le mie opere più importanti.
Vorresti condividere un tuo pensiero con gli artisti emergenti della tua terra, un consiglio e un incoraggiamento?
Un pensiero: Il valore del fare è il fatto!
Un consiglio: concretizzare il proprio pensiero mettendo su carta ciò che si è ideato e visualizzato.
Un incoraggiamento: anche se non si hanno immediati riscontri economici o di fama, non bisogna perdere la motivazione, o la fiducia nelle proprie risorse, ma è necessario continuare a produrre!
Vuoi parlarci dei tuoi progetti artistici nell’immediato futuro?
Di recente sono stato inserito nell’elenco degli artisti che nel 900 hanno contribuito ad arricchire la storia dell’arte siciliana, e partecipato alla mostra artisti di Sicilia, a cura di Vittorio Sgarbi. Questo per me, oltre a rappresentare una conferma della mia devozione all’arte, è principalmente un punto di partenza e di sviluppo per le mie nuove creazioni. In questo periodo vivo il ritorno al contatto con la terra e ciò contribuisce a risvegliare i miei sensi… Quando ho iniziato a scolpire l’ho fatto con la consapevolezza di trattare la tipologia peculiare di pietra che ha rappresentato l’elemento base per la rinascita dell’architettura nel territorio siciliano post terremoto: la pietra bianca. Una materia che, grazie alla sua duttilità, ha permesso alle maestranze di un tempo di generare tanta bellezza che dona, ancora oggi, stupore agli occhi e calore al cuore. Il mio obbiettivo futuro è quindi dare continuità ad un’arte che è sinonimo della nostra identità stessa.
Grazie e a presto Gianni! Che le tue radici, ancorate e ben salde nella tradizione, possano fornirti sempre nuova linfa creativa, permettendoti di germogliare sempre più in alto e dare vita a nuove evoluzioni della tua opera!