Paolo Miano inizia la sua carriera musicale negli anni ‘80 e ‘90, come vocalist in diverse band della scena indie/rock catanese, ed in particolare: gli Anderson Council, i Nervous Breakdown e gli Uncle Fester. Con quest’ultima formazione partecipa alla compilation Lapilli, vero e proprio manifesto della scena alternative etnea dell’epoca, prodotta da Don Zientara, sound engineer dei Fugazi.
Dopo un decennio sabbatico dal punto di vista artistico, che lo vede professionalmente impegnato nella veste di chimico di una multinazionale, decide drasticamente, nel 2010, di abbandonare il cosiddetto “posto sicuro”, per ritornare ad impegnarsi nella musica e questa volta a tempo pieno.
Nel 2013 pubblica il primo album Kokorozashi, una fresca produzione pop elettro-acustica, in cui il filo conduttore, anche nelle liriche, è la rinascita attraverso la gioia e l’armonizzazione dei desideri. Dello stesso album viene prodotta anche una edizione spagnola nel 2015 per l’etichetta basca Produlam Records, che Paolo promuove con un tour nelle sedi FNAC delle più importanti città iberiche.
In seguito, accanto alla carriera solistica, collabora col polistrumentista e programmatore Mario Ferrarese, creando il progetto Chrome Sky, un duo electro-metal e pubblica Artificial nel 2017, per la Dcave Records e Binary nel 2021, per Ghost Label Records.
Attualmente lavora al suo nuovo album solista che, allineandosi alla componente soul/black insita nella sua poliedrica anima musicale, rappresenta l’ennesimo cambio di direzione artistica. Il primo singolo dell’ultima produzione è Senz’amuri, uscito il 29 gennaio 2022, un field holler in bilico tra il blues delle piantagioni di cotone americane ed i canti popolari dei contadini siciliani in cui è fortemente caratterizzante l’impronta della produzione e collaborazione di un veterano della musica come Daniele Grasso. Incontriamo Paolo e ne approfittiamo per curiosare, con discrezione, nella sua vita e nella sua attività artistica.
- Ciao Paolo, gli anni ‘90 sono finiti da tempo ma tu sei in piena attività e con ancora molte cose da dire. C’è un filo conduttore in questa tua lunga esperienza artistica? Cosa è cambiato e cosa è rimasto uguale in te e accanto a te?
Ciao Davide, innanzitutto grazie per l’opportunità di poter comunicare con i tuoi lettori. Per rispondere alla domanda, credo che l’unico filo conduttore che possa essere rimasto uguale in tutti questi anni è il mio senso melodico, che esprime varie sfaccettature a seconda del contesto in cui opera. Per il resto, la vita è cambiamento ed io non faccio eccezione, non sono più quello degli anni ‘90 ma non sono più neanche quello che dieci anni fa ha pubblicato il suo primo singolo da solista quindi inevitabilmente cambia anche la mia musica, anche a costo di apparire schizofrenico!! Ma la realtà è che nessuno è un monolite, anche se probabilmente io sono più sfaccettato di molti altri. In questo senso il mio idolo è Mike Patton, che ha fondato progetti musicali molto distanti tra loro pur rimanendo sempre sé stesso.
- Hai portato la tua musica in giro, suonando in svariati luoghi, anche all’estero, ma alla fine sei sempre rimasto nella tua amata Catania. Parafrasando una tua canzone “Ogni uomo è dentro l’universo, ma nonostante questo sta cercando il resto”… Non importa dove ci si trova ma è fondamentale l’atteggiamento con cui si affronta la vita?
Senza dubbio è la cosa che conta di più, anche se non è facile mantenerlo, è una cosa che va costruita con sforzo e caparbietà. Poi va da sé: come dice spesso un amico, “se vuoi fare l’astronauta devi andare a Cape Canaveral”. Per ogni cosa ci sono posti più adatti di altri ma Catania in fondo ha nella musica ha una certa tradizione, anche se non è facile avere a che fare con certi ostacoli connaturati alla cultura di questa città. In ogni caso, se dentro di te non costruisci l’atteggiamento e la determinazione di cui parli, difficilmente realizzi qualcosa anche nel posto migliore che ci possa essere.
- Hai lasciato un posto lavorativo sicuro per dedicarti interamente alla musica e magari qualcuno ti avrà dato dell’incosciente. Parlaci di questa esigenza e del coraggio di rompere le catene dell’omologazione per manifestare la tua identità.
Arrivato a 40 anni mi sono chiesto se fosse così che volessi invecchiare e la risposta è stata NO! Così alla prima occasione ho fatto i miei conti e ho deciso di cambiare. Quello che ho capito è che la vita comincia nel momento in cui esci dalla comfort zone. E’ un’avventura alla scoperta di sé stessi, della propria vera identità, con i suoi pregi e limiti. Ho molta gratitudine per il mio passato “regolare”, che mi ha fatto crescere come uomo e costruire una base solida ma, nonostante le inevitabili incertezze, non tornerei affatto indietro. Come Alessandro Magno, ho bruciato le navi alle mie spalle e non ho nessun rimpianto. Sono molto soddisfatto della mia vita e ho in programma di fare ancora più cose.
- Ascoltando la tua produzione musicale è impossibile non notare l’evoluzione dello stile. Come si riesce a coniugare il concetto di gioia e rinnovamento di Kokorozashi con le tonalità cupe e inquietanti dei Chrome Sky?
Beh dipende un po’ dai momenti che si attraversano, la nostra vita non corre mai su un binario solo, saremmo come una radio che prende una stazione sola! Molti artisti magari scelgono di focalizzare l’attenzione su una sola via prediletta, io invece voglio portare alla luce tutto. O quasi…
- L’imperativo di Paolo Miano, anche al presente, è il cambiamento! “Senz’amuri” ha un sound che si distacca dal tuo passato; il cantato martellante e in dialetto siciliano ha l’effetto di un mantra che ipnotizza. Senz’amuri o cu’ l’amuri? Pare che le nostre vite spesso si attorciglino su estremi inconciliabili… Esiste un giusto mezzo?
Non so, “il giusto mezzo” a volte mi sa di compromesso. Forse invece questa inconciliabilità è illusoria e c’è un modo per allargare la propria vita e integrare tutto ed il contrario di tutto! O forse semplicemente per incapacità di scegliere si prova a non rinunciare a niente e si finisce per rinunciare a tutto. Quello che è sicuro è che se non ci si mette in gioco, non ci si evolve e non si approda a niente. Se lo facciamo invece magari impariamo ad apprezzare quello che la vita ci dà.
- Tornando al nuovo sound, a cosa si deve questo nuovo corso e quanto è stato importante l’incontro con Daniele Grasso?
Ho incontrato Daniele nel 2016 quando abbiamo registrato il primo album dei Chrome Sky. Abbiamo trovato subito una sintonia sia umana sia musicale, mi sono reso conto immediatamente di aver trovato qualcuno che, al netto delle differenze nei gusti (non molte in realtà), parlasse il mio stesso linguaggio. Così gli feci sentire delle cose che tenevo nel cassetto e gli parlai anche del mio desiderio di mettere in maggior evidenza l’aspetto canoro nella mia musica attraverso un approccio più legato ai generi musicali afroamericani, quali il soul, il blues ed il funk, che lui conosce molto bene. Così ci siamo ripromessi di lavorarci in seguito ed in effetti è già da un paio di anni che lo facciamo, solo che la pandemia ha rallentato tutto.
- Ci sveleresti alcuni dei tuoi progetti artistici futuri? Altre idee e collaborazioni? Altre iniziative?
Certamente, non mi fermerò qui. Senz’amuri è il primo di una serie di passi che porterà alla realizzazione del mio secondo album, anche se ancora la tempistica non è stata definita. I Chrome Sky si apprestano a pubblicare del nuovo materiale e già abbiamo i pezzi per i prossimi due album. Infine c’è un terzo progetto musicale, ancora diverso, venuto fuori durante il lockdown, che mi sta molto a cuore e che vorrei realizzare al più presto.
Grazie Paolo, in attesa di ascoltare le tue novità musicali, ti auguriamo il meglio per la tua carriera e per la tua vita!
Davide Gianmaria Aricò