Freud considerava una persona patologica se non era in grado di avere una visione della realtà corretta, cioè se non aveva la capacità di riconoscere e saper soddisfare i suoi impulsi in modo corretto, ad avere relazioni soddisfacenti. Con questo pensiero,in parte, anticipò la definizione dell’OMS nel 1947 del Modello Bio – Psico – Sociale che lo definì: Stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia.
Infatti, questa definizione sostituisce quella di Biomedica, che ha sempre considerato l’essere umano una macchina, che al momento giusto necessitava di interventi medici e chirurgici.
Il Modello Bio – Psico – Sociale, oltrepassa il confine, creando connessioni con le tre sfere fondamentali della vita. La Biologica, tenendo conto dei fattori genetici e biologici. La Psicologica, con il suo equilibrio mentale, emozionale e spirituale. Ed infine, la non meno importante, la Sociale, dove la salute può essere anche influenzata dalla famiglia, dal lavoro, dallo status socio-economico e tanto altro.
A metà degli anni Settanta del secolo scorso, fu stabilito il primo collegamento biologico tra cervello, stress e immunità. Hugo Besedovsky, dimostrò che la reazione di stress, con l’aumento della produzione del cortisolo da parte delle surrenali, causa una soppressione della risposta immunitaria. Gli ultimi aggiornamenti li abbiamo con i lavori del neurobiologo statunitense Robert Sapolsky, che ha dimostrato che l’alterazione del sistema dello stress e la sovrapproduzione di cortisolo possono causare atrofia dell’ippocampo, area cerebrale deputata alla formazione della memoria a lungo termine. Quindi, la ricerca mostra costantemente nel tempo, la possibilità di riconsiderare la storica separazione tra mente e corpo in un quadro unitario per la prevenzione e la terapia.
Il Modello Bio – Psico – Sociale potrebbe sicuramente trovare sostegno e forza nella Carta di Ottawa, che promuove la salute, sottoscritta dagli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1986 e così definita: “il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla”. Sulla base di questo documento, ogni Stato ha degli obbiettivi ben precisi, che non sono strettamente legati alla gestione del sistema sanitario. La definizione, infatti implica:
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la creazione di ambienti che consentano di offrire un adeguato supporto alle persone per il perseguimento della salute negli ambienti di vita e di lavoro, attraverso condizioni di maggiore sicurezza e gratificazione;
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il rafforzamento dell’azione delle comunità che devono essere adeguatamente sostenute per poter operare autonome scelte per quanto riguarda i problemi relativi alla salute dei cittadini che vi appartengono;
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il riorientamento dei servizi sanitari nella logica di renderli più adeguati ad interagire con gli altri settori, in modo tale da svolgere un’azione comune per la salute della comunità di riferimento; in questo senso, la promozione della salute include ma non si limita alle attività di prevenzione in sanità.
Tirando le somme, alla nostra salute dovrebbe in parte pensarci lo Stato Italiano, ma è scientificamente provato che l’attesa genera stress. Quindi è meglio che ognuno di noi cerchi al meglio di “curare il proprio orto” senza aspettare che qualcun altro venga a zappare!
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fonti: treccani.it, skuola.net, wikipedia.org