Per Massimiliano Frumenti Savasta, romano ma di origini siciliane, l’Arte è da sempre il motore portante della sua storia personale. Laureato in Lettere Moderne presso il Dipartimento dello Spettacolo della Sapienza di Roma, ha approfondito scenotecnica, lavorato in gallerie d’arte di rinomanza internazionale, ma soprattutto, ha sviluppato sin dagli esordi un suo linguaggio artistico originale che lo ha fatto apprezzare in Italia e all’estero. In tutte le espressioni creative di Massimiliano, dalla pittura, alle installazioni e alle performance dal vivo, riconosciamo una matrice concettuale non conforme alle regole canoniche: la presenza di elementi differenti sembrano infatti coesistere senza risultare dissonanti. Parliamo delle sue tele, in cui il vivido segno astratto accoglie fra le proprie trame svariati elementi figurativi; o dell’assemblaggio di oggetti, luci, musica, nelle sue emozionanti performance dal vivo, in cui il pubblico stesso entra attivamente a far parte delle installazioni.
Lo incontriamo al termine della sua performance live “Stanza 5” (@ “Spazio Urbano”- San Giovanni la Punta) e approfittando della sua proverbiale gentilezza, approfondiamo con lui alcuni aspetti della sua attività artistica.
- Ciao Massimiliano, tu hai iniziato da giovanissimo ad occuparti d’Arte. Cosa offriva Roma, all’epoca della tua giovinezza, agli artisti ispirati e volenterosi, ancora alle prime armi? C’è stato qualcuno, in particolare, che ti ha guidato nello sviluppo dei tratti fondamentali della tua personalità artistica?
Direi che ho avuto la fortuna di essermi formato negli ultimi anni in cui ancora Roma aveva una dimensione umana. Sono figlio di uno degli ultimi esponenti della prima Scuola Romana e mi sono nutrito di visioni trasversali da subito. È impossibile in questa occasione citare quanti incontri hanno contribuito alla mia formazione; quindi, scelgo di ricordare uno dei primi e più fondanti quello con il Poeta Dario Bellezza che presentò anche la mia prima personale “Qualcuno volò”. La Roma che amo ricordare è proprio quella lì, la stessa che ospitava Gregory Corso al Bar del Fico, quella di Tano Festa a Piazza del Popolo, del Vino e olio di via Margutta dove ogni giro era una sorpresa per l’anima…
- Hai lavorato per anni gravitando in gallerie d’Arte romane, anche parecchio rinomate. Che opinione ti sei fatto sui galleristi e sul commercio dell’Arte?
Per quanto riguarda i galleristi direi che un tempo c’era un’onestà intellettuale e si poteva avere una dialettica costruttiva. Devo dirti con dispiacere,anche perché gli artisti di professione a volte mettono a rischio la sopravvivenza se non si uniformano ai Potenti, è successo quel che si poteva e si doveva evitare, ovvero che il sistema dell’Arte, il Mercato dell’Arte si uniformasse,si assoggettasse in modo indiscriminato al Sistema Globale Mondiale di marketing il cui scopo è stabilire ciò che vale(che meglio è vendibile)solo per fatturare. La Cultura (intesa come conoscenza e pericolosa) e l’Arte se non è regimentata a certe regole è meglio non farla emergere. Non è un caso che da anni non si vede un manifesto, una dichiarazione d’intenti da parte di un Collettivo artistico. Se ci sono dei tentativi non vengono sostenuti e curati fino a farli camminare autonomamente. Perquesto insisto molto sui termini di verità ed onestà. Chi fa Arte ha solo la fortuna di poter essere il tramite di una rivoluzione umana.
- La coesistenza di astratto e figurativo, lo sposalizio di diversi elementi nelle tue istallazioni, sembrano trasmettere un messaggio non convenzionale che, seppure posto senza trascendere in eccessi o in volgarità (ma con gran garbo e spirito di condivisione), vuole pur sempre e in qualche modo provocare lo spettatore. In cosa consiste questo tuo anticonformismo artistico?
Affermo di essere non conforme nella misura in cui oggi non è conforme l’espressione pura,sganciata da un business planning. La mia poetica è semplicemente “una ricerca del tempo perduto” e quel che cerco di provocare è solo un risveglio di tutto quello che indistintamente ognuno ha dimenticato del proprio Sé profondo.
- Parlaci del tuo passaggio dalla realtà artistica romana a quella siciliana. Raccontaci cosahai trovato in Sicilia, e cosa può offrirti oggi Catania, al netto di tutto ciò che tu sei desideroso d’offrire ancora.
Proprio a causa della natura del mio essere, a cui prima accennavo,sono arrivato ad un punto in cui “La grande bellezza” della Capitale mi asfissiava, attraverso i “salotti” e le cene,dove gli artisti si illudono d’essere considerati, ma in realtà svolgono la funzione di giullari per i potenti. La Sicilia da principio era per me solo un bisogno viscerale di ricontattare una parte del mio sangue(mia madre è nata a Palazzolo Acreide). Catania è stato un amore passionale che per ora non entra in crisi,anzi,ha la capacità di rinnovare il mio interesse sempre,come la donna che vorrei incontrare …
- In relazione a quanto detto, desideri dedicare un messaggio agli artisti siciliani che si sbattono tanto per emergere?
Quello che sto per dirti va al di là della denominazione geografica. La professione dell’arte è una delle più intransigenti,per questo credo che il presupposto fondamentale sia chiarirsi se veramente si tratta d’amore …
- Si è appena conclusa “Stanza 5” la tua installazione/performance presso “Spazio Urbano” a San Giovanni la Punta (CT). Come è nato questo progetto: hai intenzione di riproporlo ancora?
Il progetto delle Stanze prevede installazioni ambientali all’interno delle quali i fruitori divengono parte del lavoro insieme a me e nasce diversi anni fa, delle mie collaborazioni con la danza contemporanea ed il teatro totale.“Spazio Urbano Arte Contemporanea”, un luogo nato da poco più di un anno per volontà di Stefania Reitano ed alcuni artisti catanesi, tra cui il professore Salvo Messina, mi è piaciuto subito per la sua “verità” e non convenzionalità che,fondandosi (ed è il caso di Stefania Reitano)alla conoscenza e all’amore per l’arte Contemporanea, può collocarsi in modo incisivo su un territorio ancora quasi vergine riguardo la fruizione dei linguaggi contemporanei puri.
Certo, il progetto delle stanze continua e sono già in preparazione per la “Stanza 6” che sarà ospitata, proprio per riconfermare il concetto di Arte diffusa e nomade, in un altro luogo che mi ha affascinato da subito: il BAR dei MIRACOLI in Via S.Calogero Catania.
- Prima di salutarci mi piacerebbe sapere da quale fonte attingi per alimentare la tua incredibile creatività e voglia di agire. Nella tua opera traspare anche il tuo mondo spirituale. Ce ne vuoi parlare?
Non vi è separazione tra materia e spirito,tra arte e vita,tra noi e l’ambiente,tra gli esseri umani. Sono un membro della Soka Gakkai Italiana,un fortunato portavoce del Buddismo di Nichiren Daishonin e questo si riflette naturalmente anche nel mio lavoro!
Grazie mille Massimiliano e ad maiora semper