“Il mio lavoro è pazienza.
Lentezza e poi speranza,
e anche stupore”
(P. Guccione)
In una quotidianità scandita da ritmi sempre più frenetici, che induce masse di individui “multitasking” a non prestare attenzione alcuna a tutto ciò che si trova aldilà dei confini materiali e contenutistici del proprio dispositivo “intelligente”, l’arte di Piero Guccione potrebbe costituire un buon antidoto per rallentare, ragionare e meditare, per un attimo, al di fuori di questa triste gabbia sociale.
Guccione è tra gli artisti siciliani che hanno fatto storia e che si sono concentrati, con il loro lavoro, proprio sull’importanza della riflessione meditata, legata al fare pittorico: Piero Guccione.
Nonostante l’esperienza romana di matrice neorealista, vissuta dal pittore al fianco di grandi nomi della pittura italiana a lui contemporanea, tra cui Renato Guttuso, Scipione, Mario Mafai e Fausto Pirandello, con il suo operato egli conduce una ricerca del tutto personale indagando quanto lo circonda con paziente fare certosino e con il fine ultimo di “fissare ciò che è in continuo movimento”, di trovarne l’essenza.
La sua è una pittura in cui nella piena libertà del gesto creativo, come egli stesso afferma, tutto accade in modo naturale e progressivo, sia sotto l’aspetto contenutistico che tecnico, nell’evolversi continuo di segni e cromie, leggere e delicate nei suoi pastelli, fresche e immediate negli acquerelli, morbide nelle opere grafiche e suggestive nei dipinti ad olio.
Nelle sue tele, soprattutto in quelle realizzate successivamente agli anni Settanta, l’intento non è quello di riprodurre in modo oggettivo ciò che vede, quanto piuttosto quello di partire dal dato reale, per raggiungere una dimensione spazio-temporale che non abbia né principio, né fine. E così dall’ordinaria quotidianità degli interni domestici, via via l’attenzione dell’artista si sposta all’esterno, tra i viali silenziosi di città e i paesaggi di periferia, per poi concentrarsi definitivamente tra la campagna e il mare.
Trovarsi di fronte ad un quadro di Guccione significa concedersi la possibilità di abbandonare anche solo per un breve istante quello stato di vertigine culturale ormai permanente, tipica dei nostri giorni, per immergersi con fiducia in una visione “rallentata”, lasciandosi condurre in un “non luogo” sospeso tra visibile e invisibile. E qui, in questo spazio sottile, ciascuno, a suo modo, può concedersi il proprio viaggio verso l’infinito, attraverso l’arte, in bilico tra tempo, spazio e luce.
Eleonora C. Amato