Inaugurare la sezione musicale della rubrica “Maestri e Suonatori” con Rossella Aliano, cantautrice lentinese di nascita e catanese di adozione, e i suoi Blood Moon Project (Marco Asero – tastiere, Salvo La Rocca – basso, Paolo Scuto – batteria), è una grande gioia per noi. Conosciamo Rossella praticamente dai suoi esordi ed abbiamo quindi avuto il piacere di essere testimoni dell’intero percorso della sua maturazione artistica.
Reduce da un buon decennio di Etno-pop con i suoi Liberadante, coronato dall’album “Il mondo e l’abbondanza” (CNI – 2010) e dopo un lungo periodo di quiescenza, Rossella si ripreenta alla ribalta nazionale con “Blood Moon”, un nuovo lavoro autoprodotto di ben 14 brani nel quale unisce sorprendentemente il miglior istinto melodico italiano a sonorità rock ed elettroniche che affondano le loro radici nell’Inghilterra degli anni 80, rimandando anche a grandi della musica nostrana come Battiato o band storiche britanniche come Cure e Depeche Mode.
Un pop di qualità, fruibile ma con spessore, sia nelle musiche, sia nei testi, come da tempo ormai se ne sono perse le tracce nella scena musicale italiana, per un album ambizioso, complesso e sfaccettato, un po’ all’antica, in questa epoca di consumi istantanei tra Youtube e Spotify.
Dice Rossella:
“È una questione di coerenza. Ho scritto molto in questi ultimi anni e ho selezionato i brani che potevano appartenere al racconto Blood Moon, lasciando fuori quelli che parlavano d’altro. Una canzone può dir tutto in due minuti, ma anche in sei. Dipende da come nasce e soprattutto perché arriva, qual è la molla scatenante creatrice e cosa vuole dire. In questo caso non potevo dare molto importanza all’istantanea: volendo fare dell’intero disco un inno contro l’omologazione e la tecnologia che ci allontanano dalla nostra coscienza e dall’individualità, se nella sua forma l’avessi vestito con veloci e scontati fotogrammi sarebbe stata una contraddizione”.
Ci incontriamo davanti ad un’insalata e la prima domanda appare scontata:
A cosa dobbiamo questo cambiamento di direzione artistica, dal folk acustico tradizionale a queste nuove sonorità elettroniche?
“Ho ascoltato tantissima musica nuova negli ultimi anni. Sono cambiata io e conseguenzialmente è cambiata la mia musica. Ho focalizzato la mia attenzione sull’elettronica ma non perché avessi deciso di fare quel genere; sono rimasta semplicemente affascinata da quelle atmosfere fredde, glaciali, tanto evocative quanto pertinenti al momento storico. In primis da Bjork, poi gli Air, Devics, e in ultimo i Funkstorung; credo che i suoni freddi e sintetici dei synth o i suoni post atomici (come qualcuno li ha definiti) avrebbero potuto esaltare ed evidenziare al meglio il messaggio che volevo trasmettere con Blood Moon”.
In effetti, sebbene qua e là si rintraccino ancora echi del suo passato “medievaleggiante” (Ali di Ferro, Neve, Todo va bien e Una statua sulla cattedrale), tutto l’album è pervaso da quello che Rossella stessa ama definire space-pop, sonorità che ben si attagliano alle nuove tematiche esistenziali, quasi metafisiche, che si affiancano all’introspezione intimistica di sempre. Come, ad esempio, nel testo del brano di apertura, Adam, nel quale vengono evocati i nuovi miti sulla creazione dell”uomo.
“Non so, so solo che non ho potuto esimermi dal raccontare le cose che ho imparato ed esperito negli ultimi anni. Conoscere la verità sull’origine dell’uomo è un hobby che ho fin da quando ero bambina, ho studiato tante religioni, tante le ho anche praticate, approfondito tematiche che non s’insegnano nelle università, esoterismo e altre ritenute un po’ “strambe”, ho praticato arti orientali, ed il sunto è nel disco; ogni cosa è vera, basta che ci si creda senza alcun dubbio. Non c’è una verità assoluta, c’è la realtà che creiamo noi in ogni istante che passa; non so se possa definirsi metafisica, ricerca sicuramente. Voglia di crescere, di evolversi, semmai sia possibile farlo in questo pianeta”.
Chiediamo a Rossella, appassionata di fantascienza e in particolare della saga di Star Trek, quale sia stata la sua reazione alla recentissima scoperta della NASA del sistema stellare TRAPPIST 1, con ben 3 pianeti potenzialmente abitabili.
“In realtà nessuna sorpresa. La Nasa ci racconta a spizzichi e bocconi del nostro universo. Ci sono più cose che ci nasconde rispetto a quelle che ci dice”.
Lo svelamento di ciò che è misticamente intrinseco alla vita e alla natura umana sembra essere un filo conduttore di tutto l’album, anche nelle sue connotazioni negative. Il singolo di lancio, che sta ricevendo consensi fortunati da parte di parecchie emittenti radiofoniche nazionali, Giuda (guarda il video), affronta temi crudi come la corruttibilità dell’uomo e l’eliminazione del diverso.
“Senza scendere nei dettagli è la superficialità con cui si vive oggi che mi ha portato a scrivere Giuda. Senza approfondire nulla, senza credere in nulla, non ci si fida più di nessuno, spesso nemmeno di se stessi e di conseguenza si annega in un mare di banalità o volutamente ci si resta. E più difficile cambiare che abituarsi ad essere tristi. È più facile omologarsi che essere diverso e combattere contro tutto e tutti”.
A Giuda, fa da contraltare Real, unico brano in inglese, che narra del risveglio dal coma di un amico, che fa anche da metafora della liberazione delle coscienze dalle gabbie della mente, argomento che sembra starle particolarmente a cuore. Come affronta Rossella questo aspetto nella sua vita quotidiana?
“Ci lotto continuamente, spesso soccombo, ma la musica poi mi salva sempre”.
A cura di
Paolo Miano