Sant’Agata, protettrice della città di Catania nacque da una famiglia di nobili catanesi di religione cristiana, intorno al 230 d.C. sin da giovane decise di consacrarsi a Dio. Negli anni tra il 250 e il 251 d.C, divenne proconsole della città Quirino, uomo superbo e cattivo, che prese particolarmente in odio il cristianesimo e innamorato della giovane fanciulla tentò, senza successo, di farla abiurare dalla sua fede per farla cedere alle sue lusinghe. Poiché la Santa dimostrò un’incrollabile fede in Dio, il proconsole decise di imprigionarla e sottoporla a supplizio. Prima fustigata, poi martirizzata con l’asportazione dei seni ed infine torturata sui carboni ardenti, durante questo evento si racconta che mentre il corpo di Agata veniva martoriato dal fuoco, il velo rosso, simbolo della sua consacrazione a Dio, non bruciava. Dopo il supplizio, Agata morì in carcere il 5 febbraio 251.
Il suo corpo venne imbalsamato e avvolto in un velo rosso, inizialmente seppellita nelle catacombe cristiane della collina di San Domenico, dopo l’Editto di Costantino del 313, il corpo della Santa fu portato nella Chiesa di Santa Maria di Betlemme. Tra il IV e il V secolo il corpo venne trasferito nella Chiesa di Sant’Agata La Vetere ma le reliquie furono in seguito trafugate e portate a Costantinopoli nel 1040. Nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino le rapirono e le consegnarono al vescovo di Catania Maurizio nel castello di Aci. Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono definitivamente nella Cattedrale di Sant’Agata.
Legandoci al rientro delle reliquie possiamo raccontare l’origine del tradizionale abito che i devoti indossano nei giorni dei festeggiamenti, il Sacco agatino: camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. Una radicata leggenda popolare vuole siano legati al fatto che i cittadini catanesi, svegliati in piena notte dal suono delle campane al rientro delle reliquie in città, si riversarono nelle strade in camicia da notte; la leggenda risulta essere priva di fondamento però, poiché l’uso della camicia da notte risale al XIV secolo mentre la traslazione delle reliquie avvenne nel XII.
Altri elementi caratteristici della festa sono il fercolo d’argento dove vengono poste le reliquie della Santa e la Vara. Nella processione di giorno 4 la Vara è adornata con garofani rosa, simboli del sangue e dunque del martirio subito dalla santa, mentre in quella di giorno 5 è addobbato con garofani bianchi, simboli di purezza, castità e di fede al Signore. Legati al veicolo due cordoni di oltre 100 metri cui si aggrappano centinaia di “Devoti” che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La Vara viene portata in processione preceduta dalle candelore, oggi in numero di tredici tra quelle “storiche” e quelle aggiunte e dedicate in tempi recenti, appartenenti ciascuna ad un altro corporazione degli artigiani cittadini o simboleggianti le offerte alcuni quartieri catanesi (“la Rena” o “villaggio Sant’Agata”) o della associazione dei devoti (il Circolo Sant’Agata).
Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti, celebrazioni solenni, spettacoli pirotecnici, strade illuminate da chilometri di luminarie in cui si snodano processioni affollate e sontuosi cortei storici in onore della Santa Patrona della città di Catania, il tutto accompagnato dalla famosa frase “Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti”.
È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza.