Poco meno di vent’anni fa, in una Sicilia non troppo lontana, c’era un’unica , imperdibile ed insostituibile “Festa dei Morti”, almeno così si pensava prima dell’approdo sulle nostre sponde della ormai tanto attesa ricorrenza targata U.S., Halloween, che ha stravolto e fagocitato, una delle feste più antiche, piena di ricordi ed amore per la famiglia.
Papà, Mamme, Zii e Nonni di oggi, ricordano bene l’emozione della mattina del 2 novembre. La gioia dei piccoli che aspettavano i regali dei nostri cari defunti. Si proprio così, nel giorno della commemorazione dei morti, noi eravamo felicissimi!
Biciclette, super bambole, pistole spara gommini e tanti dolci rendevano quel giorno davvero speciale, ma solo se eravamo stati bravi tutto l’anno. Ricordo che la settimana prima del grande evento facevamo a gara per essere agli occhi di tutti, buoni e buonissimi.
Ossa dei morti, rame di Napoli, totò bianchi e neri e la frutta martorana arricchivano le nostre tavole per tutto il periodo della festività. Ed anticamente, la notte del 1 novembre, veniva lasciata la tavola imbandita a festa per i cari defunti, in modo tale che, al passaggio, rimanessero contenti di ciò e lasciassero tanti regali in cambio.
Tra i racconti quotidiani di Andrea Camilleri troviamo anche la Festa dei Morti:
“Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi…”
Sicuramente era un modo diverso e felice di far vivere la morte dei nostri cari, e ci donava un ricordo sereno di chi ti voleva bene ed oggi (ieri) non c’è più.
fonti:
www.siciliabella.eu
www.corrierediragusa.it